sabato 31 marzo 2007

E mo' basta, però!

Ovvio che avessi avessi seguito la vicenda sulla problematica dei DICO e sull'ingerenza della chiesa nelle faccende dello stato italiano, ovvio che mi fossi fatto un'opinione, ovvio quale potesse essere (vedi titolo del blog), ma per ora non avevo commentato proprio per evitare ovvietà...
Però ora si esagera: ecco a cosa porta la molluscaggine di certi governanti: leggendo QUI, possiamo scoprire che uno dei rappresentati più in vista della Chiesa(TM) equipara i DICO alla pedofilia ed all'incesto.
Certo, io mi sono stupito il giusto, perchè so che nelle gerarchie ecclesiastiche circolano elementi carichi di razzismo e pregiudizi(anche quelli con fama di essere "moderni"), ma spero bene che queste affermazioni facciano aprire gli occhi a quelli che finora cercavano di interpretare i loro discorsi in chiave moderata... ora non è più possibile farlo, almeno in un contesto normale; non certo fra i politici, dove già si sono sollevati molti scudi; ma si sa, in politica si riesce a giustificare tutto, tranne la ragionevolezza.
Ritornando ai nostri fondamentalisti cattolici, come si fa a paragonare la legalizzazione di due atti espressamente vietati dal codice penale, con la regolazione di situazioni già presenti nella società, anche se prive di tutela?
Ormai la sfacciattaggine dei gradi superiori del clero ha raggiunto livelli ben oltre all'ingerenza o al ricatto morale sui fedeli, io direi che sono ormai penalmente perseguibili.
Perchè non ci sono pm che avanzano le accuse di "istigazione all'odio razziale" o politici che dichiarano che ormai sono rotti i patti lateranensi, e quindi lo stato italiano non è più tenuto a rispettarli? Via gli insegnanti di religione scelti dalla chiesa, via l'otto per mille, reintroduzione dell'ICI su tutti gli edifici ecclesiastici, compresi quelli di culto (che tanto ci guadagnano poco, dalle visite alle chiese!).
E poi si vede: non è che i laici sono più coglioni, che devono essere richiamati al rispetto da persone che rispetto non solo non ne hanno, ma soprattutto non se ne meritano!

venerdì 30 marzo 2007

La serata panuozzo, ovvero “Del come dei giovani che non fumano e non eccedono nell’alcool cercano comunque di accorciarsi la vita”

Ieri c’è stata la serata panuozzo. Se volete sapere cosa sia tecnicamente un panuozzo, potete scoprirlo QUI. Non ne parlerò io, perchè più di quello che è, è importante quello che rappresenta; ovverosia:
- La serata panuozzo rappresenta innanzi tutto una sfida, perché finire un panuozzo non è un’impresa da prendere alla leggera, anche se non è possibile rifiutarsi di compierla.
- La serata panuozzo è un modo per superare i nostri limiti, mangiando sempre, oltre al panuozzo, uno o più dolci dall’elevato contenuto calorico.
- La serata panuozzo è un modo per ricordarci che siamo giovani, perché possiamo mangiare un chilo di pasta da pizza traboccante di pancetta senza preoccuparci del colesterolo.
- La serata panuozzo è un modo per sentirci adulti, perché decidiamo da soli di farci del male.
- La serata panuozzo ci fa vedere come saremo da vecchi, perché il ragazzo che li porta arriva sempre in ritardo, e noi passiamo l’attesa a lamentarci come non ci sia più rispetto, e che la puntualità non è più un valore…
- La serata panuozzo è una prova di virilità, visto che nessuna donna finora ha avuto il coraggio di prendere un panuozzo e che chi fra gli uomini non lo finisce viene deriso e additato fra il lubridio generale (e affermazioni quali “Debole!” “Vergogna!” “Risultato non conforme!”).
- La serata panuozzo amplia i nostri orizzonti, ed i nostri ventri (a livello concesso dal coefficiente di elasticità della pelle).
- La serata panuozzo permette di risparmiare su riscaldamento, poiché i nostri corpi tendono a produrre un calore decisamente superiore alla media fisiologica dell’essere umano.
- La serata panuozzo ci riavvicina alla natura… quella triviale, visto che dopo il pasto subiamo un processo di abbrutimento che ci impone posizioni scomposte (ma facilitanti la digestione), RUTI e discorsi animaleschi (in particolare da parte dell’Impresentabile).
- La serata panuozzo è divertente (e non solo da quando la organizziamo in concomitanza con i film di Bud Spencer e Terence Hill).
- E, in particolare, la serata panuozzo era ieri, e io sono qui all’una, senza avere mangiato niente da allora (ma bevuto tantissimo) e non ho ancora per niente fame.

domenica 25 marzo 2007

Assistenza 2 - La Vendetta

Ovverosia, per tenere fede al punto 5 del decalogo precedente, aggiornamento dei miei problemi con l'assistenza del mio portatile...
In pratica, il rivenditore, che all'inizio sembrava avere capito la mia urgenza e quindi essere disponibile a risolvere la cosa alla svelta, sembra abbia deciso di risolverla in maniera un po' particolare... in parole povere, cercando di fregarmi.
Mi ha proposto, visto che il danno non era riparabile, una "rivalutazione"... cosa sia, è presto detto: loro si riprendono il pc, rotto, e mi rendono i soldi (bene), anche se non tutti, visto che il computer è invecchiato, e quindi me ne danno di meno (male)... e per dirla tutta, non ricevo nemmeno i soldi, visto che vorebbero rimborsarmi con un buono, spendibile solo all'interno del reparto hi-fi dell'ipermercato (malissimo)... in pratica, io, che avrei diritto ad un pc funzionante (per garanzia), mi dovrei accontentare di un buono sconto per un pc (da comprare, oltrettuto, nello stesso posto che mi tratta così)...
La mia reazione è stata:
1)Cercare di fare capire al commesso che per una garanzia non ci posso rimettere io, ma semmai il supermercato.
2)Appurato che il commesso era un uomo inutile, dato che si trincerava dietro ad un "io ho queste direttive...", ho chiesto di parlare con il responsabile.
3)Portare due miei amici avvocati all'incontro con il responsabile.
Il responsabile ha subito dimostrato la sua natura di fine diplomatico e capace contrattatore, dicendo nell'ordine:
1)Questa faccenda la dobbiamo risolvere ora!
2)Sono appena uscito da una causa, si figuri!
3)Voi non sapete come stanno le cose, io sì! (Detto a due avvocati, stavo per ridergli in faccia...)
Comunque, per ora, sono riuscito ad ottenere solo che il computer venisse effetivamente mandato in assistenza (così da appurare quello che si sa già, cioè che non è riparabile); dopo di che, mi è stato spiegato, non ci sono alternative: o la sostituzione con prodotto equivalente o speriore, o la rescissione del contratto: che implica, ovviamente, la restituzione del denaro (per intero, senza "rivalutazione"), e in CONTANTI. Può darsi che alla fine non abbia comunque il mio computer, e sicuramente ci vorrà tempo, però una cosa è sicura: "Io, sono più di un boccone, capito, stronzoli!"(Da Don Zauker)
Ps. L'ipermercato in questione è il Carrefour, tanto per dirvi dove NON vi consiglio di comprare qulunque cosa possa avere bisogno di assitenza.

sabato 17 marzo 2007

Decalogo

Così, tanto per fare, i dieci indizi che ti fanno capire se qualcuno è in tesi:

1)Dopo che ti ha raccontato qualsiasi cosa, cita la fonte. Sempre(1).
2)In qualunque discussione prima spiega i presupposti, poi ti racconta la sua esperienza e i risultati tratti, infine permette la discussione, dalla quale trarrà una conclusione, quindi fa i ringraziamenti.
3)Anche per esprimere concetti semplicissimi, diventa prolisso all'inverosimile, facendo giri di parole orbitali ed allugando le frasi ad arte con un abuso di aggetivi, avverbi e altri componenti inutili ma che servono ad allungare di almeno un poco il suo discorso, facendolo diventare però di difficile comprensione.
4)Le dita assumono la caratteristica forma ad artiglio e non possono essere distolte dalla digitazione nemmeno durante il pasto.
5)Spiega a tutti i suoi problemi con la tesi, incurante degli sguardi vacui e disinteressati di quelli che lo circondano.
6)Passa da periodi di cazzeggio totale (in cui magari fa post inutili sui blog) ad altri di iperattività frenetica(con rapporto che diventa a favore di questi ultimi con l'avvicinarsi alla scadenza di consegna).
7)Per le facoltà mediche: è alla perenne ricerca di casi clinici, e per ottenerli è capace di tutto, anche di "crearli" (non so se mi spiego...).
8)Gli si rompe il computer (prcmdnn...).
9)Anche nel fare la spesa, usa termini forbiti e desueti (e il più lunghi possibile).
10) (Questo sintomo si manifesta solo nell'ultima settimana): Cronometra i suoi discorsi, li fa durare esattamente 15 minuti durante i quali clicca ogni tanto su un mouse invisibile e non ammette interruzioni; alla fine dice: "Grazie per l'attenzione" e aspetta domande.

lunedì 12 marzo 2007

Chiamamola assistenza...

Dopo il post "a caldo" di ieri, oggi mi vorrei soffermare su un aspetto che ho avuto il dispiacere di sperimentare a causa del deleterio incidente in cui è incorso il mio portatile, ovverosia l'assistenza che i produttori di articoli tecnologici offrono al cliente.
Premessa: per legge, in Italia, la garanzia di tali beni è di due anni. DUE anni. Punto. Non di più, non di meno.
Il che implica che io, cliente a cui si rompe il pc (o la tv, o il telefonino) a un anno e 364 giorni dall'acquisto, di qualunque entità sia il danno, di qualunque costo sia la riparazione, ho diritto a riavere un prodotto di qualità equivalente (sia il mio riparato, che uno nuovo), GRATUITAMENTE.
Direi che è ragionevole, e per di più noto alla maggior parte delle persone.
Tranne che ai produttori, a quanto pare. Il mio portatile (marca Packard Bell, ma vedo che è così anche per i Sony e probabilmente vale anche per altre marche) reca l'avvertenza " la Packard Bell garantisce il notebook per UN anno". Difatti, contattando il centro assistenza, mi è stato detto che non avevo diritto alla garanzia, ma che potevo per la modica(!) cifra di 139 (CENTOTRENTANOVE) eurini, fare il prolungamento della garanzia per un altro anno e avere così il mio pc riparato. Si può dire che la garanzia va fatta valere presso il rivenditore, il quale difatti si è dimostrato abbastanza disponibile... tuttavia, so che il negozio poi si rivarrà sulla casa produttrice (e ci mancherebbe che garantisse per un prodotto non fatto da lui...), quindi , alla fine, il produttore PAGA... quindi, perchè dovrei IO scucire per una cosa che, di riffa o di raffa, per legge è a suo carico? Perchè nessuno fa notare che, per dirla alla toscana, i produttori fanno come "quello che mi caò sull'uscio e poi la rivoleva"?
Oltre a questo, di pari gravità: perchè per l'assistenza non sono previsti i "tempi ragionevoli"? In pratica, io, parlando con un mio amico che ci capisce un po', mi ha detto che probabilmente il problema è sulla scheda madre (il risultato successivo è il cambio del pc, visto che la sostituzione richiederebbe un costo maggiore del valore del portatile stesso), e che per verificare ciò ci vuole un lavoro di, per dire tanto, mezza giornata... Per la riparazione del mio pc mi è stato detto che ci vorrà un mesetto. Ora, capisco i tempi di spedizione, ma qui mi sembra che ci sia una bella presa per il culo... che sistema è, questo? E se mi servisse per lavoro? Nel frattempo che faccio, ferie?
Infine, solo un'ultima cosa: chi mi sa spiegare perchè il centro assistenza della Packard risponde ad un numero che è un 899? PERCHE' MI TROVO CON VENTI EURI IN MENO SUL CREDITO DEL CELLULARE PER CHIEDERE COME RIPARARE IL PC (E SENTIRMI CERCARE DI APPIOPPARE UN'ESTENSIONE DI GARANZIA)?!?
Come disse uno una volta, qui mi pare che, in buona sostanza, prima mi si mette nel culo e poi mi si dice...

domenica 11 marzo 2007

Se qualcosa può andare storto, lo farà.

Mai la legge di Murphy mi è stata vicina come in questi giorni: in periodo di tesi, con numerosi calcoli da fare e molte pagine da scrivere, con tutto il lavoro salvato quotidianamente sul mio computer (su alti supporti solo backup settimanali), cosa poteva succedere, ovviamente?
Il computer fuso. Senza preavviso. Senza possibilità di riaccenderlo nemmeno per pochi minuti. Esattamente un istante prima di far partire il backup settimanale.
Ovviamente.
Si possono immaginare le sceneggiate di disperazione, rabbia e turpiloquio urlato (all'una di notte).
Il giorno dopo, a mente calma, ho deciso di sfruttare, le mie conoscenze presso la facoltà di ingenieria tramite messaggi pietosi e telefonate lamentose, tanto che ho potuto recuperare almeno il lavoro della settimana.
Per il portatile, invece, sembra non ci sia niente da fare... dopo numerosi palleggi fra un centro assistenza e l'altro, mi hanno comunicato che la scheda madre è kaputt.
Fortuna che sarei ancora in garanzia... peccato che per farla valere mi hanno detto che ci vorrà almeno un mesetto (piccolo particolare: il mio appello di laurea è il 20 aprile)... dannazione... e così sono nel frattempo usufruttario del protatile di mia sorella, obsoleto, maltenuto e soprattutto poco affidabile: giusto stasera, mentre scrivevo, si è spento il monitor improvvisamente, con mia prevedibile paralisi traumatica per 5 minuti, dopodichè ho capito che era solo il monitor, e che muovendolo si riaccendeva. Seguente telefonata alla consanguinea e sua spiegazione: " Ah sì, lo fa, è normale..."
Promemoria per il futuro: per quanto mia sorella sia più anziana di 11 mesi, sembri matura e sveglia, ha dei concetti di normalità molto, molto distanti dai miei.

sabato 3 marzo 2007

Pole la donna permettisi di pareggia' co' l'omo?

Questa domanda, dal mitico "Berlinguer ti voglio bene" è un ottimo titolo, e spunto di riflessione.
La risposta, istintiva per tutti coloro che hanno buon senso è "certamente!", dato che siamo abituati, fin da piccoli, all'idea che non si debbeno fare discriminazioni fra persone, per nessun motivo, men che meno per il loro sesso...
Eppure... eppure un dubbio mi è sorto, col passare del tempo.
Sono ovviamente d'accordo che donne e uomini dovrebbero avere le stesse opportunità di studio, guadagno, e che, allo stato attuale delle cose, purtroppo non sempre ciò si avvera.
Il mio ragionamento però riguarda altri aspetti della vita, non meno importanti, almeno a mio avviso, anche se di meno rilievo nella questione delle pari opportunità: i rapporti interpersonali.
Nel relazionarsi fra loro, gli uomini e le donne seguono, nella maggior parte dei casi, degli schemi molto vecchi e radicati nella società: in pratica, l'uomo prende l'iniziativa (al massimo la donna manda "segnali" per incoraggiare), la donna decide se accettare o meno le avances, e poi di seguito... la parte maschile è portata a fare il primo passo, la feminile a seguire (o frenare) il movimento, come in una danza in cui uno conduce l'altro.
Altro fenomeno da considerare è la tendenza dell'uomo ad "offrire"; questa è talmente radicata, che ormai si da per scontata; capisco che in un mondo in cui gli uomini tendono ad avere stipendi più alti possa sembrare normale, ma penso che si potrebbe anche vedere un po' come un tentativo di porsi in una situazione di "vantaggio".
Ora, premesso che so già quali sono le obiezioni più frequenti al mio discorso ("non è sempre così!" "io non lo faccio!"), vorrei far presente che la mia età relativamente giovane ed il mio scarso visitare realtà diverse mi danno probabilmente una visione incompleta, tuttavia devo prendere atto che le persone da me conosciute finora erano permeate da questi schemi di comportamento; ed io per primo in realtà ne sono influenzato.
Il fatto è che, le volte che mi sono trovato a discutere di queste cose con ragazze, mi sono quasi sempre sentito rispondere "Sì, è vero, ma è che l'uomo piace di più se è deciso..." e, sul fatto di offrire "Non è fondamentale, però, se lo fa, fa piacere...".
Il dubbio che mi frulla in testa deriva da questo verbo utilizzato: "piacere"... Ne siamo sicuri? Cioè, capisco che il vedersi anticipare nelle intenzioni, oppure offrire una bevuta o una cena sia gradevole... tuttavia, il sistematico lasciare all'uomo le decisioni non è un po' controproducente? Mi spiego: a me, quando capita che mi venga offerta per più di una volta qualcosa dalla stessa persona, provo un po' di disagio, che tendo a sopprimere ricambiando il favore il prima possibile... non è una questione di bilanci o di sospetto nei confronti del generoso, che probabilmente non ha secondi fini, ma più che altro un mio sentirmi in pace con me stesso, per non dover sospettare di essere dipendente da chiccessia. Altrettanto se mi trovo a dover sempre dipendere dagli altri per l'organizzazione del mio tempo (in verità non c'è cosa che odio di più di non potermi amministrare le mie giornate come mi pare). Così mi viene da pensare: è possibile che alla fine nelle donne si venga creare un meccanismo psicologico simile, di dipendenza da parte del cavaliere che pensa a organizzare ed a pagare, senza che lei venga sfiorata dalle normali preoccupazioni...
Per farla breve, non c'è il rischio che magari sottilmente, quasi con messaggi subliminali, la donna sia portata ad essere, suo malgrado, dipendente dall'uomo, non solo economicamente, ma anche per il semplice vivere quotidiano?
Tanti interrogativi, a cui non so dare risposta, anche perchè, da uomo, non posso certo pretendere di comprendere ciò che pensano tutte le donne...
Da parte mia, per come sono stato educato, ho sempre avuto difficoltà ad accettare che qualcuno si facesse carico della mia vita, preferendo averne tutte le rogne, ma non dovendo delegare responsabilità ad altri.
Credo che se improvvisamente diventassi donna, mi troverei in grossa difficoltà ad accettare tutte le "gentilezze" maschili (pur essendo io il primo, ribadisco, a metterle in pratica per quanto mi è possibile...).